Ieri pomeriggio, in occasione del secondo centenario della nascita di Giuseppe Verdi, Ternideale ha organizzato un flashmob in grande stile per protestare contro il percorso imboccato dall’amministrazione comunale per il restauro del teatro Verdi. Percorso, secondo l’associazione, in cui non sono coinvolti i cittadini e “senza sapere bene dove trovare le risorse e come e con chi gestire la struttura (se un giorno sarà completata)”. Il Comune “ha intenzione di realizzare un progetto di consolidamento strutturale dell’esistente per poi affidarlo ad un ente regionale in dissesto come il Teatro Stabile dell’Umbria”.
Con la partecipazione della Corale della Pace, il flashmob si è rivelato una forma di protesta garbata e civile con l’obbiettivo che “sul tema del teatro comunale si possa aprire un confronto trasparente, democratico, finalizzato al bene della città. Il Teatro Verdi è stato sempre vissuto dalla Giunta Comunale come un problema, mentre i cittadini pensano che sia e debba continuare ad essere una risorsa”.
IL VIDEO:
Il comunicato stampa di TernIdeale in cui sono spiegate le ragioni del flashmob e le proprie posizioni sul restauro del teatro Verdi:
“Undici milioni: 3 milioni ci sono, 8 milioni mancano; 15 mila euro al mese per la sola gestione. I numeri che in questi giorni stanno venendo fuori a proposito del restauro del Teatro Verdi assomigliano molto a quelli di un’estrazione del lotto: pescati a caso da una Dea bendata che accontenta pochi e delude molti. Soprattutto copre di mistero una vicenda che per il suo valore intrinseco, ma anche per le sue possibili ricadute economiche e sociali sulla città meriterebbe la massima trasparenza possibile ovvero la più ampia e dibattuta partecipazione cittadina. E invece anche per un’operazione storica come il restauro del secolare teatro cittadino si registra il classico rifiuto a scambi di idee e confronti sui diversi progetti possibili. E così non si capisce se esiste un progetto esecutivo approvato, se esistono un computo metrico dettagliato e una bozza di piano industriale per la gestione.
La nostra associazione ha debuttato sulla scena cittadina con l’argomento del restauro del Teatro Verdi non già per una “questione borghese” come si è affrettato a etichettare chi, forse, si è sentito erroneamente minacciato da un possibile diverso punto di vista. Piuttosto perché ritenevamo e riteniamo che la “Questione Verdi” fosse e sia centrale per la rinascita culturale della città, e di conseguenza anche per la sua ripartenza economica e sociale. Il recupero funzionale e architettonico del teatro ispirato ai criteri della tradizione, della bellezza e dell’eleganza, ma anche della tecnologia e dell’innovazione è per noi la materializzazione fisico-architettonica di una visione di città. Presente e futura. Sia sotto il profilo culturale, sia sotto quelli, più immanenti, dello sviluppo economico e produttivo nonché dell’identità e della coesione sociale.
Quanto leggiamo in questi giorni sui giornali o dagli atti ufficiali dell’amministrazione comunale ci dimostra, invece, come questa sensibilità di prospettiva per Terni non appartenga a chi dovrebbe averla in virtù del ruolo istituzionale pro-tempore rivestito, che in primo luogo dovrebbe essere orientato a compiere le scelte migliori da lasciare in dote alle generazioni che verranno. Piuttosto che aprire un confronto allargato con tutte le forze associative e sociali della città per catturare e mettere a frutto, appunto, i consigli e le idee migliori, si è voluto agire nel segreto di alcune stanze dando facoltà di accesso soltanto a limitate e selezionatissime rappresentanze, che guarda caso oggi vengono rappresentate come possibili “salvatrici della Patria”. A tal riguardo non può non rilevarsi la singolarità dell’ipotesi di un coinvolgimento dei privati in un project-financing in cui le idee di partenza sono già state decise da altri. Condizione nella quale oggi si troverebbe qualunque soggetto privato, fatta eccezione, forse, per il Teatro Stabile dell’Umbria unico soggetto “esterno” che ha avuto la facoltà di esaminare progetti e computi metrici grazie alla partecipazione alle tre riservatissime riunione della Conferenza dei servizi che si sono tenute questa estate.
Ancora una volta un soggetto esterno può avere voce in capitolo su un qualcosa che interessa la città; diritto di udienza non concesso a chi, invece, la città “la fa” ogni giorno con il proprio lavoro, con i propri sogni, con la propria vita.
Più volte la città di Terni, attraverso le sue più diverse espressioni, individuali, professionali o associative ha offerto a costo zero per il Comune le proprie capacità per contribuire alla rinascita davvero funzionale del più importante edificio culturale di Terni. Ogni volta è stata gentilmente rifiutata più o meno allo stesso modo di come avvenuto negli ultimi mesi. A questo proposito vale constatare che l’amministrazione municipale non solo non ha ritenuto idonei i propri tecnici comunali, ma nemmeno i liberi professionisti della città che ottengono incarichi professionali molto più numerosi e importanti fuori dal proprio territorio di residenza. Siamo certi che se qualche tecnico comunale avesse partecipato alla progettazione del teatro avrebbe favorito conclusioni più aderenti alle necessità di una Terni molto più interessata a una presenza artistica di qualità di quanto non si creda. I nuovi giardini di viale Trento, ad esempio, sono una lampante dimostrazione di come le professionalità interne al Comune siano più che capaci di progettare qualcosa di utile, ma anche di bello e funzionale per la città.
E non si può affermare che l’incontro pubblico del 16 maggio sul tema teatro sia stato un confronto scambievole di idee volto a progettare insieme alla città il Teatro Verdi. In quell’occasione si è parlato poco di teatro e molto di altro; il dibattito lo si è confinato nell’ultima mezz’ora di un intero pomeriggio dedicato alle relazioni più disparate. In quella sede si disse da quel momento in poi sarebbe iniziato un percorso di confronto aperto con la città invece mai iniziato, e oggi, a quanto pare, sconfessato perché Comune e Teatro Stabile dell’Umbria (sic!), sia a livello tecnico con la Conferenza dei Servizi, sia a livello politico con il passaggio in Giunta hanno già deciso.
Avremmo voluto dire e dimostrare che un teatro all’italiana, sufficientemente capiente, bello, tecnologicamente all’avanguardia, innovativo nella scelta dei materiali e nelle strutture tecniche di compendio avrebbe potuto rappresentare un punto di eccellenza su scala nazionale e non solo, esattamente come 25 anni fa rappresentò il progetto Videocentro, avanguardia di un fenomeno multimediale e di produzione dell’audiovisivo oggi esploso a livello globale con miliardi di dollari di fatturato e a Terni lasciato abbandonato a sé stesso nonostante il buon avvio dei primi anni Novanta. Ma c’è di più. Un Teatro Verdi ripensato funzionalmente per la città e non per interessi circoscritti sarebbe stato un punto di eccellenza nazionale. Quando il Nuovo Teatro venne inaugurato nel 1849, l’architetto Luigi Poletti venne preso come visionario e la scelta di realizzare un teatro così grande e sfarzoso per una comunità ad economia prevalentemente agricola, bandita come folle. Da allora invece Terni cambiò volto, riuscendo a costruire un modello di sviluppo industriale durato più di un secolo, ma oggi in evidente difficoltà. Avremmo voluto dire e dimostrare che la gestione di un teatro recuperato pensando alla città, si può sostenere da sola facendo forza su capacità e qualità che a Terni esistono e sono vive, ma sono disconosciute.
Avremmo voluto dire e dimostrare queste cose se ce ne fosse stata data la possibilità. Lo faremo lo stesso”.