Attoniti, confusi e indecisi. I lavoratori Isrim descrivono con queste parole il proprio stato d’animo “dopo i lunghi monologhi dei politici umbri susseguitisi nelle ultime settimane per trovare una qualsivoglia soluzione alla ormai compromessa situazione” dell’ente di ricerca di Terni con sede a Pentima. Il fallimento, che poteva essere richiesto l’11 luglio scorso, è stato infatti rinviato e le istituzioni hanno proposto ai 32 dipendenti una sola via d’uscita: dar vita ad una cooperativa.
Per i diretti interessati “la soluzione cooperativistica, dopo l’irreparabile perdita di tutti i progetti di ricerca e dei clienti a causa della liquidazione, assomiglia più ad una trovata pubblicitaria che ad un reale sforzo della proprietà dell’Istituto di salvaguardare le competenze ed i posti di lavoro”. Per i lavoratori Isrim, molti dei quali con esperienze ventennali di ricerca, formazione e testing, “diventare imprenditori non rappresenta una soluzione congrua per valorizzare le risorse umane ed il know-how dell’Istituto ma, probabilmente, solo la premessa per un suicidio collettivo”.
La loro sfiducia e il loro totale scetticismo derivano da semplici valutazioni: “La proposta è vaga, fumosa, senza un minimo piano industriale, con intenti tracciati solo a grandi linee e troppo generalisti”. Ciò che si chiedono i dipendenti è “come può essere concepita una cooperativa di soci lavoratori senza aver prima definito un’attività e aver individuato un possibile mercato/utenza? Ci è stato chiesto l’esatto contrario. Inoltre se ci sono davvero i presupposti per la costituzione di un’impresa, perché non c’è un imprenditore che accetta la scommessa, con tutti gli aiuti che i rappresentanti degli Enti pubblici dichiarano di offrire? Altrimenti, perché non inglobare le competenze Isrim in Enti già costituiti o creare un progetto nuovo regionale nel quale farle confluire?”.
“Le parole Ricerca e Innovazione – ricordano ancora i lavoratori Isrim – sono sulla bocca di tutti ma la loro concretizzazione è lungi dal divenire, specialmente in Umbria, dove l’unico Istituto regionale di Ricerca, Formazione e Servizi Avanzati sta per essere chiuso dopo quasi 30 anni di attività ed aver raggiunto, fra numerose difficoltà e sacrifici, risultati di rilievo in ambito nazionale ed internazionale. Qual è il motivo per il quale nessuno si vuole impegnare seriamente per salvare questo bene della collettività (32 miliardi di lire di finanziamento pubblico) con proposte serie e strutturate”, lasciando noi lavoratori il lavoro che sappiamo fare e ai manager pubblici l’opportunità di sviluppo del territorio attraverso un uso congruo delle risorse umane e finanziarie?”.
I lavoratori dell’Isrim restano “in attesa che la proprietà dell’Istituto e la politica locale elaborino un piano industriale coinvolgendo imprenditori seri in grado di valorizzare i soldi pubblici già investiti nell’Isrim e soprattutto percorrano parallelamente vie alternative quali l’applicazione della legge di stabilità (la stessa di cui si parla proprio oggi per i lavoratori in esubero di Alitalia per cui sembra che per la prima volta verrà usato il contratto di ricollocamento previsto dalla legge di Stabilità), la creazione di una nuova Agenzia regionale sull’Innovazione o il potenziamento di quelle esistenti, rendendosi disponibili a dare un supporto nell’identificazione strategica delle competenze”. Chiedono infine pubblicamente ai sindacati di assisterli nel confronto con la proprietà dell’Istituto “in modo da identificare al più presto una strada ragionevole per la salvaguardia dei posti di lavoro”.