Era la principale organizzazione di Terni dedita allo spaccio di cocaina ed eroina, una banda organizzatissima composta dal capo nigeriano, da sua moglie e da 5 cittadini marocchini. Un gruppo criminale che aveva un giro di affari di circa 300 mila euro al mese. Ieri è stata smantellata dalla polizia con l’operazione Ares che ha portato in carcere 7 persone. Nonostante il capo della banda fosse già stato arrestato lo scorso settembre, lo spaccio era proseguito, portato avanti dalla moglie. Inoltre la moglie del nigeriano aveva continuato a ricevere gli aiuti delle associazioni caritatevoli poiché la famiglia era ritenuta “indigente”. Precedentemente aveva ricevuto anche gli aiuti delle istituzioni: i soldi dei contribuenti.
LA MAMMA E IL FIGLIO DROGATO Le indagini relative dell’operazione “Ares” sono iniziate due mesi fa, quando una giovane mamma, preoccupata dello strano cambiamento del figlio adolescente, si è presentata nella questura di Terni. La signora ha raccontato agli agenti del notevole calo di rendimento scolastico del ragazzo che precedentemente era sempre stato ottimo. In un primo momento aveva imputato questo all’età, ma con il passare del tempo il giovane aveva evidenziato anche un diverso atteggiamento sia nei confronti dei genitori che degli amici abituali.
La mamma non ha voluto rassegnarsi all’indifferenza del figlio, alla sua apatia e ha deciso di capire meglio cosa realmente stesse accadendo. I cambiamenti anche fisici del ragazzo, hanno portato la donna, al timore, purtroppo fondato, che il figlio si fosse avvicinato alla droga. Si è così informata sui sintomi derivanti dall’uso delle sostanze stupefacenti ed ha trovato spiegazioni agli occhi lucidi, alle orbite incavate e scure, alla tendenza a grattarsi spesso, alla sonnolenza, all’inappetenza e al dimagrimento eccessivo. La donna si è messa a quel punto alla ricerca della prova definitiva, improvvisandosi investigatrice ha trovato, nascosta all’interno del portafogli del ragazzo, una presunta dose di eroina. A quel punto, spaventata, si è precipitata in questura.
LE INDAGINI Gli agenti si sono immediatamente attivati. Anche grazie ad alcune indicazioni della donna, è stata avviata una serrata attività di indagine, che è stata da subito indirizzata ad una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: un nigeriano di 33 anni, da tempo presente sul territorio nazionale insieme a tutta la sua famiglia, con una fiorente attività imprenditoriale finalizzata allo spaccio su grande scala di cocaina ed eroina, con un giro d’affari stimato intorno ai 70.000 / 80.000 euro a settimana.
GIA’ ARRESTATO Il nigeriano, nonostante fosse stato arrestato lo scorso 30 settembre (beccato in casa con un chilo di droga, qui l’articolo) aveva continuato l’attività praticamente senza pause, se si fa eccezione per il periodo immediatamente successivo all’arresto. E in quei pochi giorni successivi al sequestro di droga, secondo la questura a Terni era risultato estremamente difficile trovare sul mercato eroina o cocaina di buona qualità ad un buon prezzo.
LA MOGLIE DEL CAPO Lo spaccio era però rapidamente ripreso. Le indagini delle ultime settimane hanno permesso di appurare che tutta l’organizzazione ruotava intorno alla casa dove era rimasta la moglie connazionale dell’uomo. La donna – 31 anni, al settimo mese di gravidanza e già madre di 6 figli minori (i 4 più piccoli a Terni e i 2 più grandi in Nigeria), proprio grazie ai quali a settembre non era finita in carcere assieme al marito – aveva preso in mano le redini dell’attività e l’aveva portata avanti con altri 5 cittadini marocchini, tutti pluripregiudicati per reati di droga, di età compresa tra i 25 e i 50 anni.
LA RETE DI COMPRAVENDITA L’organizzazione era ben strutturata, non effettuava vendite al minuto, ma si serviva di una fitta rete di collegamenti per rifornire non solo il mercato locale, ma anche quello delle province limitrofe, come Rieti, Viterbo e Perugia. Ognuno aveva un compito: i due nordafricani regolari a Terni con la famiglia, vendevano la droga a quelli che venivano da fuori, dopo averla tagliata e confezionata, come facevano gli altri tre, che erano i fornitori del mercato locale, tra cui figurano anche appartenenti alla cosiddetta ‘Terni bene’ che acquistavano la droga per movimentare le loro serate.
I tre fornitori locali sono risultati clandestini in Italia, con vari ordini di espulsione nei loro confronti ai quali non hanno mai ottemperato; gli agenti hanno appurato che sono sempre rimasti ad abitare in città, o meglio nel centro della città, per potersi spostare a piedi velocemente ed essere facilmente rintracciati dai clienti, cambiando però casa di continuo per non essere individuati dalla polizia. Il canale di rifornimento della droga è stato localizzato nel Basso Lazio, in particolare nell’Agropontino, con l’utilizzo di corrieri occasionali che arrivavano a Terni in treno e consegnavano la sostanza direttamente a domicilio, a casa della donna.
Si calcola che da settembre siano stati smerciati diversi chili di sostanza stupefacente. Con i 7 arresti eseguiti oggi, richiesti dal pm Elisabetta Massini e concessi dal gip Maurizio Santoloci, la questura ritiene di aver stroncato la principale organizzazione operante a Terni per quanto riguarda lo spaccio di cocaina e di eroina.
IL BLITZ Nei blitz nelle abitazioni degli arrestati, effettuati dalla sera di venerdì alla mattinata di oggi, con l’ausilio di un cane antidroga proveniente da Pescara, sono stati sequestrati otre 100 grammi tra cocaina ed eroina, bilancini di precisione, diversi etti di sostanza da taglio tra cui la crema di riso trovata nella cantina della donna sopra un tavolo usato per il confezionamento delle dosi. A casa di uno degli arrestati, un uomo di nazionalità marocchina, sono stati anche rintracciati due clandestini, connazionali e cugini dell’uomo, che dopo essere stati denunciati per spaccio di sostanze stupefacenti sono stati portati all’Ufficio immigrazione per la procedura dell’espulsione.
IL GIUDICE A settembre la moglie del capo era stata lasciata in libertà in quanto madre di bimbi. Questa volta, il gip Santoloci, valutati i gravi indizi di colpevolezza, ha invece ritenuto di adottare la misura dell’arresto anche per la donna; i bambini sono stati affidati ai Servizi sociali del Comune che hanno provveduto a collocarli in apposite strutture.
Incredibile ma vero: la numerosa famiglia nigeriana è tuttora assistita dalle associazioni caritatevoli della città, in quanto considerata indigente. Nell’ordinanza del settembre scorso il giudice Santoloci aveva sottolineato come “sempre più spesso si notano soggetti sempre più palesemente e notoriamente dediti al crimine ed in particolare allo spaccio sistematico di droga in città a livello elevato, i quali, nullatenenti e nullafacenti e insistenti nel territorio urbano, con l’evidente ed esclusivo fine di delinquere, riescono ad ottenere in via paradossale ed incomprensibile la regolare residenza anagrafica” ed ancora di come il cittadino nigeriano arrestato fosse anche “destinatario del denaro pubblico dei contribuenti, che sono vittime dell’attività di spaccio del soggetto, in quanto beneficia di erogazione economica alimentare … in quanto soggetto bisognoso con regolare tessera familiare Welfare Voucher”.
Definito dal giudice uno “spacciatore residenziale”, il nigeriano capo-famiglia, aveva creato a casa sua una vera e propria centrale dello spaccio, stanziandosi nel territorio urbano solo ed esclusivamente per delinquere, inviando gran parte dei soldi guadagnati al suo Paese d’origine, dove, dirà agli agenti in occasione dell’arresto, sta costruendo una grande villa in riva al mare per la sua numerosa famiglia; una villa costruita con i soldi dei ragazzi intossicati dalla droga che spaccia.