È impensabile uno stop ai lavori della centrale perché “l’iter procede nel rispetto delle leggi”. E’ quanto affermato dall’assessore provinciale all’Ambiente Fabrizio Bellini, alle centinaia di cittadini che nella giornata di ieri hanno sfilato per le vie del centro di Terni per protestare contro l’impianto a biomasse in fase di costruzione in località Isola, ad Arrone.
Un corteo che si è concluso con un presidio sotto Palazzo Bazzani, dove assessore e dirigenti hanno incontrato i manifestanti ribadendo quanto emerso in quest’ultimo periodo: nel processo che ha portato prima all’approvazione e poi all’avvio della realizzazione della centrale è stato rispettato ogni criterio di legge.
In effetti è dallo scorso 2011 che l’iter va avanti e il progetto dell’impianto a biomasse ha avuto numerosi pareri favorevoli da parte delle istituzioni, in primis dal Comune di Arrone che ha avallato la sua costruzione senza però informare la cittadinanza. Quando la comunità arronese è venuta a conoscenza di quanto stava avvenendo nel proprio territorio, è scoppiata l’indignazione e la protesta contro il Comune (qui l’articolo). Il Consiglio comunale, per cercare di calmare gli animi, aveva approvato un atto d’indirizzo per vietare, in futuro, la realizzazione di impianti che emettano nell’atmosfera sostanze inquinanti. Per la centrale a biomasse i giochi sembrano però ormai fatti, la frittata del Comune sembra irrimediabile.
I cittadini, preoccupati dall’impatto ambientale della centrale, proseguono però la protesta, soprattutto attraverso l’attività del comitato “Salviamo la Valnerina” per la tutela del territorio. Il comitato si è detto pronto a chiedere spiegazioni all’Asl sulla valutazione sanitaria effettuata sulla centrale. In questo senso l’assessore provinciale ha riferito che “se ci saranno dati oggettivi, problemi o incongruenze, le istituzioni saranno le prime a muoversi attraverso i propri organi di controllo”.
Infine, i manifestanti hanno cercato di ottenere uno stop immediato ai lavori denunciando il fatto che l’azienda appaltatrice della centrale, la Espandy S.p.A., non ha rispettato i termini di fine lavori (stabiliti in 6 mesi) e quindi l’autorizzazione a continuare a costruire l’impianto non doveva essere prorogata. Anche in questo senso, il dirigente provinciale del settore Ambiente, Paolo Grigioni, come riportato sul Corriere dell’Umbria, è stato chiaro: “La proroga dei termini è un fatto quasi automatico, basta che l’azienda presenti un’istanza in cui motiva le ragioni del ritardo. Lo stop è una strada impraticabile e piena di rischi. La stessa normativa è stata pensata per evitare speculazioni sui terreni, non per impedire la costruzione degli impianti”.