Entrando in via San Lucio si ha la sensazione di ritrovarsi in un angolo remoto dell’Unione Sovietica. Lunghi, sporchi e cadenti palazzi, separati tra loro da qualche metro di asfalto rattoppato. Le cinquanta sfumature di grigio spezzate soltanto dall’arancione della rete di un cantiere aperto da anni che aggiunge un tocco di squallore alla decadenza generale. L’Urss però non c’entra: è l’edilizia popolare del Comune di Terni che nel quartiere di San Valentino ha dato il peggio di sé, accanendosi infine nel voler restaurare ciò che sarebbe stato meglio demolire e dimenticare.
Il quartiere è da decenni considerato “problematico”, notoriamente trascurato e ribattezzato “Shangai”. I residenti denunciano oggi l’abbandono e il degrado: “Qui, in 40 anni, non è mai stato fatto un intervento. Non ci sono negozi, non c’è nulla. E’ un quartiere dormitorio e invece, trovandosi proprio vicino alla basilica, andrebbe valorizzato”. Di manutenzione nemmeno a parlarne. Racconta una signora: “E’ pieno di buche ovunque, a causa di una di queste sono caduta anche io”.
Eppure qualche anno fa per Shangai sembrava finalmente arrivato il momento del riscatto. Nel 2007, nell’ambito del “contratto di quartiere 2”, fu firmato il protocollo d’intesa tra il ministero delle Infrastrutture, la Regione Umbria, il Comune di Terni e l’Ater per “la riqualificazione del complesso San Lucio”. La crisi era ancora lontana e non era così difficile trovare risorse per intervenire su proprietà comunali. Invece di approfittare dei contributi statali e regionali per attuare un intervento radicale, l’amministrazione Raffaelli approvò un progetto esecutivo da 3 milioni e 535 mila euro che prevedeva la ristrutturazione di 4 dei 5 palazzi popolari.
Ci vollero tre anni perché la procedura di gara d’appalto avesse un vincitore: se l’aggiudicò la ditta Siti presentando però un ribasso del 46% considerato eccessivo, “anomalo” e che fece scattare delle verifiche. I lavori iniziarono soltanto a novembre 2012 (con consegna prevista entro 3 anni). Nel frattempo i residenti hanno continuato – e continuano – a convivere con il degrado e non credono che l’intervento in atto migliorerà significativamente la situazione.
Ciò che più sta a cuore ai residenti del quartiere è però la condizione ambientale e sanitaria. Giziana indica alcune macerie poste su un bancale e afferma: “Mio figlio è chimico ed ha il sospetto che quel materiale tenuto all’aria aperta possa essere amianto. Di questo non abbiamo la certezza anche perché non ci è sembrato il caso di avvicinarci troppo”. Un sospetto se non altro verosimile perché, spiegano ancora i residenti, l’amianto era certamente presente in quei palazzi ed era stato rimosso tempo fa. La possibilità che anche quelle lastre possano essere di materiale pericoloso è un timore particolarmente sentito visto che il quartiere è già stato colpito da diversi casi di gravi patologie.
Raccontano i residenti che abitano a duecento metri dal cantiere: “Nel nostro condominio ci sono stati 5 casi di tumori: due al polmone, uno al rene e due leucemie”. Ancora più colpito il condominio a fianco del loro, dove il cancro ha fatto la propria comparsa in 7 appartamenti su 8.
Lo scorso 2 febbraio l’assessore ai Lavori pubblici, Stefano Bucari, ha risposto ad una interrogazione dei consiglieri del Pd Piccini e Masiello ed ha spiegato che “entro pochi mesi” saranno consegnati i primi due palazzi “recuperando 24 alloggi”. “L’ufficio urbanistica sta comunque predisponendo la documentazione necessaria per l’ampliamento dell’appalto utilizzando l’economia di appalto per consentire il recupero della quarta palazzina conformemente al progetto originario e quindi disporre infine di 32 alloggi”.
Bucari ha anche spiegato che i piani terra accoglieranno il Centro Macondo disabili, il Centro Agorà disabili e il Centro Agorà anziani ritenendo che “tale procedura attuerà il programma in oggetto e doterà il quartiere oltre che della struttura già completata del centro giovanile Sant’Efebo, di nuove strutture sociosanitarie di pregio oltre al risanamento ambientale e infrastrutturale dell’area interessata”.
I residenti hanno un punto di vista ben meno ottimistico e ricordano le promesse mancate della passata amministrazione: “Ci avevano detto che avrebbero creato spazi per gli studenti universitari e aree commerciali-artigianali”. Elementi di cui l’amministrazione non ha più fatto menzione. Così come non avrà soluzione uno dei problemi più evidenti: l’inadeguatezza del “ponticello” di accesso al quartiere, talmente stretto da non consentire il transito simultaneo di due automobili.
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