La discarica Le Crete di Orvieto può essere ulteriormente ampliata. Almeno per il Ministero dei Beni culturali che ha rimosso il vincolo posto dalla Soprintendenza per lo sfruttamento di un terzo calanco. La società Sao-Acea che gestisce la discarica non si era rassegnata al “no” della direzione regionale per i Beni culturali dell’8 luglio scorso (l’area de Le Crete era stata dichiarata di interesse storico-monumentale etno-antropologico). A settembre aveva presentato ricorso e qualche giorno fa il Ministero gli ha dato ragione annullando il provvedimento. Motivo: sarebbe sbagliato il tipo di vincolo; il vincolo culturale non è pertinente, lo è semmai quello paesaggistico. Sembrerebbe una formalità di facile risoluzione: porre di nuovo il vincolo, stavolta quello idoneo. In realtà le cose si complicano poiché il vincolo paesaggistico si estenderebbe a tutta l’area, quindi anche a quella parte già occupata dagli impianti e non solo al terzo calanco. Con conseguenze non facili da determinare (chiusura della discarica?).
I comitati e le associazioni ambientaliste che avevano esultato per la decisione della Soprintendenza si ritrovano al punto di partenza, con la paura di diventare “la città della spazzatura”, la “pattumiera dell’Umbria”. Non la migliore delle prospettive per una realtà che fa della viticoltura uno degli elementi trainanti della propria economia.
La Sao-Acea nel luglio scorso aveva già avuto il via libera della Regione per un allargamento del secondo calanco. Con il decimo gradone in via di realizzazione la vita della discarica dovrebbe allungarsi fino al 2017 (considerando un conferimento di 80mila tonnellate all’anno). A quanto pare non sufficiente per la società.
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