Prosegue il percorso di potenziamento dei servizi DEA (Dipartimento di Emergenza-urgenza e Accettazione) dell’Azienda ospedaliera di Terni e secondo quanto programmato per l’anno 2014 da oggi, nell’ambito del processo di umanizzazione delle cure, la struttura di Rianimazione/Terapia intensiva ha due nuove sale di attesa dedicate. Aprire le porte ai familiari dei pazienti ricoverati significa anche dare “il via ad un modello di cura innovativo che tiene conto del fatto che una maggiore flessibilità e accoglienza dei familiari aiuta ad affrontare situazioni critiche e può accelerare il recupero dei pazienti”.
Il direttore generale Andrea Casciari spiega: “L’intervento messo in atto è di tipo logistico-strutturale e organizzativo. Le due nuove sale d’attesa dedicate della Rianimazione, contigue all’area di degenza, rappresentano un gran bel traguardo per il nostro ospedale, soprattutto se si considera che in Italia circa un quarto delle Terapie intensive per adulti ancora oggi non ha una sala d’attesa per i familiari. All’ospedale di Terni una sala di attesa c’era ma, situata al primo piano nell’area antistante la piastra operatoria, determinava inappropriate sovrapposizioni dei percorsi con altri familiari, pazienti e operatori sanitari e, soprattutto, prolungati stazionamenti lungo le scale di collegamento con l’area di degenza e richiedeva un intervento tempestivo. Con l’adozione del modello di Terapia intensiva aperta – prosegue il direttore Casciari – abbiamo poi voluto abolire o ridurre tutte quelle barriere temporali, fisiche e relazionali non strettamente necessarie alla cura del paziente, in una situazione delicata e difficile, come è sempre un ricovero in terapia intensiva, che risulta particolarmente gravoso per tutti”.
Gli obiettivi sono quelli di favorire, in piena sicurezza, una maggior presenza di persone care in terapia intensiva, migliorando l’accoglienza sia del paziente che dei familiari e aumentando la condivisione con i familiari delle strategie terapeutiche. Massimo Rizzo, dirigente medico della Direzione medica del Presidio ospedaliero, afferma: “Appurato che l’accesso dei non sanitari alla Terapia intensiva non è di per sé rischioso si ritiene che l’umanizzazione delle cure risulterà particolarmente importante in un’area di degenza caratterizzata non soltanto dalla criticità e dalla instabilità delle condizioni cliniche dei pazienti, ma anche da tutta una sfera di rapporti interpersonali da gestire con la massima delicatezza in quanto strettamente legati a tensioni, paure, preoccupazioni. Non solo. Il modello di terapia intensiva aperta riconosce nella famiglia anche la valenza di risorsa che facilita l’erogazione di cure appropriate”.
Terapia intensiva ‘aperta’ non equivale però ad una mancanza di regole: sono proprio l’organizzazione, il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli stessi familiari che consentono di salvaguardare anche gli altri valori in gioco quali la sicurezza, l’ordine, l’igiene, la confidenzialità, l’intimità e la privacy. E’ quanto spiega Lorenzina Bolli, responsabile della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione: “Finora l’accesso dei visitatori è stato fortemente limitato in termini sia di orario sia di numero di persone che potevano accedere inoltre era imposto l’uso di camici, mascherine, cuffie, soprascarpe e le relazioni tra professionisti sanitari ed assistiti tendevano ad essere fortemente circoscritte. Queste procedure sono ancora valide nella maggior parte delle terapie intensive e derivano dal timore che le interferenze dei familiari possano compromettere le attività di un reparto che opera in situazioni di estrema gravità ed emergenza, e anche dalla convinzione che l’accesso di visitatori aumenti il rischio di infezioni. In realtà la letteratura ha dimostrato che i pazienti contraggono infezioni da microrganismi diversi da quelli di cui sono portatori i visitatori e l’apertura della terapia intensiva non si associa ad un aumento del rischio di infezioni, per la cui prevenzione risultano essenziali il lavaggio delle mani da parte dei visitatori all’entrata e all’uscita dal reparto e corrette pratiche infermieristiche. Lo stare vicino al proprio caro ricoverato in Terapia intensiva per diverse ore nell’arco della giornata rappresenterà indubbiamente un grande supporto psicologico per il paziente e per gli stessi familiari”.