Continuano le esternazioni dell’assessore all’università Giorgio Armillei. Non molto tempo fa aveva attaccato direttamente l’ateneo di Perugia, adesso arriva con una proposta per il rilancio e la salvaguardia del Polo ternano, rilanciando il tema della Fondazione, unito a quella della Federazione fra università. Lo ha fatto con un post sul suo profilo facebok, che qui riportiamo per intero:
Faccio l’assessore per un’Amministrazione comunale che in 12 anni ha dato 18 milioni di euro per lo sviluppo del polo universitario e che continua a dare sotto forma di sedi e servizi. È con questa responsabilità che mi sforzo, d’accordo con il sindaco e con la Giunta, di contribuire a disegnare prospettive solide e durevoli per il sostegno al polo universitario ternano. Solide, durevoli e capaci di generale sviluppo locale: solo a queste condizioni infatti si giustifica uno sforzo finanziario ed economico a carico del bilancio comunale.
Ritengo l’autonomia delle istituzioni universitarie un principio fondamentale, in ragione di una visione pluralistica e articolata della città: quella che si usa chiamare poliarchia. Autonomia significa programmazione strategica, libertà dell’insegnamento e della ricerca, sana competizione con altri istituzioni. In tale senso credo, ad esempio, che il recente attivismo del consiglio comunale rischi di diventare – se non ben interpretato – una invasione di campo: un conto è dialogare, un altro è esigere.
Detto questo, in tutto il Paese si ragiona e si decide su questi temi senza scomuniche o veti pregiudiziali. Veti e scomuniche che invece mi sembrano continuano ad affiorare da componenti del governo regionale, con il recente consenso di qualche esponente dell’opposizione, come dall’interno dell’Ateneo di Perugia. Ho già sottolineato qualche giorno fa come Fondazione per l’università e Federazione di Atenei sono strumenti ordinari previsti dalla legge statale per assicurare il funzionamento delle università. Oggi aggiungo qualche spunto che proviene da altre esperienze locali: ne ricordo in particolare tre.
Modello fondazione studi universitari Vicenza: due Atenei coinvolti e un Dipartimento con sede a Vicenza che genera attività non duplicate nella sede centrale, in questo caso l’Ateneo di Padova. Nessuno scandalo, soddisfazione generale, un gioco a somma positiva in cui tutti guadagnano qualcosa. Modello Campus Forlì dell’Università di Bologna: ospita tranquillamente un Dipartimento che non duplica l’offerta della sede centrale, anche qui senza nessuno scandalo. Modello piceno: consorzio tra enti locali che si convenziona organicamente con almeno tre atenei statali, oltre che con altri atenei, senza nessuno scandalo e anzi con apparente soddisfazione degli atenei.
Fondazioni, collaborazione tra più atenei, dipartimenti nelle sedi decentrate: nel nord-est del paese sembra essere prassi. Ovviamente non è mai possibile il semplice copia e incolla, specie per operazioni delicate come il consolidamento di un sistema di relazioni tra città, università e imprese. Mi chiedo però: perché questa prassi non può nascere anche a Terni? I presupposti ci sono, perché ignorarli?”
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