Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di finanza di Terni – coordinato dalla locale Procura della Repubblica – ha portato a termine una complessa attività di polizia giudiziaria nei confronti di sette società aventi sede in Terni, tutte gestite da cittadini di etnia cinese, ed operanti nel settore della produzione di articoli di abbigliamento, poi rivenduti ad una primaria azienda avente sede in Centro Italia.
Nello specifico le Fiamme gialle, all’esito di un’approfondita analisi della documentazione contabile acquisita, ed anche grazie ad attività di riscontro svolte in tutto il territorio nazionale, hanno individuato un articolato sistema di frode fiscale, quantificabile in oltre 7 milioni di euro, finalizzato all’evasione delle imposte sui redditi e dell’I.V.A, posto in essere attraverso la creazione di una serie di aziende c.d. “apri e chiudi” (caratterizzate da un turn over nell’attività produttiva di durata biennale), intestate fittiziamente a prestanomi
di etnia cinese, succedutesi nel tempo nei medesimi locali adibiti a laboratori/magazzini, mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, emesse da altre imprese sempre gestite da cittadini cinesi e con sede in provincia di Perugia, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, che – dopo aver emesso i predetti documenti fiscali – facevano perdere le proprie tracce, “dimenticando” di presentare le relative dichiarazioni ai fini fiscali.
Conseguentemente, sono stati deferiti alla locale Procura della Repubblica complessivamente 20 responsabili per reati tributari di frode fiscale.
Nello specifico, sono stati segnalati 10 soggetti di etnia cinese, facenti parte dello stesso nucleo familiare residente in Terni, per la violazione dell’articolo 2 del D.Lgs. 74/2000
(utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e 10 persone, anche queste di origine cinese, residenti in provincia di Perugia, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte per la violazione dell’articolo 8 del D.Lgs. 74/2000 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
In tale contesto, su richiesta della Procura della Repubblica, che ha coordinato le relative indagini, il GIP presso il Tribunale di Terni ha disposto il sequestro preventivo di beni finalizzato alla confisca “per equivalente” per un importo di oltre 2.100.000 euro. Ciò nell’ottica di assicurare il reale recupero dell’imposta evasa ai fini I.V.A. e II.DD.
Pertanto, sulla scorta di quanto sopra ai predetti soggetti venivano sequestrati numerosi conti correnti bancari, tre autovetture di lusso, oltre 90 sofisticati macchinari per la produzione di articoli di abbigliamento, due appartamenti ed un immobile adibito a magazzino/laboratorio siti nella zona industriale di Terni.
Il sequestro, disposto dal G.I.P. su richiesta della Procura della Repubblica di Terni, è stato reso possibile dall’applicazione della norma che, introdotta con la legge finanziaria per il 2008 (Legge nr. 244/2007), estende l’istituto della confisca per equivalente anche ai reati tributari. Da ultimo il D.Lgs. 158/2015 riguardante la riforma del sistema sanzionatorio tributario ha introdotto il nuovo art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000, che prevede, attualmente, la possibilità di disporre provvedimenti cautelari nel caso di reati tributari in funzione della successiva confisca obbligatoria dell’imposta evasa. Tale strumento consente di aggredire i beni di cui il contribuente abbia la disponibilità, diretta o mediata, per un valore corrispondente all’imposta evasa, nei casi in cui non si possa procedere alla confisca dei beni che costituiscono il diretto profitto del reato tributario.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, attualmente previsto per tutti i reati tributari è, quindi, un provvedimento di natura prettamente sanzionatoria – adottato dall’Autorità giudiziaria in ragione della commissione di un reato – che non pregiudica l’attività amministrativa di recupero del tributo evaso e di irrogazione delle connesse sanzioni a cura della competente Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
L’operazione posta in essere conferma l’imprescindibile ruolo della Guardia di Finanza quale forza di polizia economico – finanziaria e baluardo contro le distorsioni del corretto funzionamento del sistema economico nazionale. Infatti, appare opportuno segnalare come le conseguenze del fenomeno rilevato non si limitino alla sola evasione fiscale, ma creino notevoli effetti distorsivi alla libera concorrenza e al corretto funzionamento del libero mercato. Le aziende oggetto dell’indagine, infatti, grazie al meccanismo fraudolento posto in essere, erano in grado di offrire prodotti ad un prezzo inferiore rispetto a quello
praticato dalle aziende che operano nel rispetto della legalità e della normativa
vigente.