Terni nel Lazio? Il sindaco Di Girolamo: ”Proposte superficiali e autolesionistiche”

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Il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo boccia completamente l’idea di veder passare Terni al Lazio. Ipotesi caldeggiata dal Comitato Terni con Perugia o con Roma? Referendum che ha già raccolto 500 firme per richiedere il referendum con il quale cambiare regione di appartenenza.

Ecco l’analisi del primo cittadino:

“Le diverse proposte emerse in questi ultimi giorni per un possibile passaggio di Terni nell’orbita istituzionale della Capitale si rivelano, ad una analisi non superficiale e strumentale, del tutto controproducenti e autolesionistiche.Vediamo perché.

Innanzitutto va chiarito che, a termine di legge, non essendoci contiguità territoriale tra il nostro territorio e quello di Roma, in realtà si tratterebbe di aggregarsi ad una costituenda provincia unificata Rieti-Viterbo all’interno di una Regione che già oggi lamenta un eccesso di preponderanza della Capitale rispetto sia al suo circondario che alle altre aree laziali. Un peso eccessivo che sarà ancor più accentuato con la prossima istituzione della Città Metropolitana di Roma. Non è difficile comprendere come, lungi da comportare dei vantaggi, una eventualità di questo genere sarebbe del tutto marginalizzante e controproducente per il nostro territorio.

Per quanto riguarda poi le questioni sollevate da alcuni dei promotori a sostegno di questa ipotesi, non si può non rilevarne la superficialità quando non una vera e propria disinformazione e demagogia. Andiamo per ordine.

1) Sanità: è veramente curioso e poco comprensibile aspirare ad entrare in un sistema sanitario come quello laziale, commissariato e alle prese con un monte di debiti, costretto alla chiusura e alla riduzione radicale di servizi e strutture, uscendo così da un sistema che ha l’oscar italiano per il miglior bilancio e che, nonostante i tagli centrali sempre più pesanti, consente di mantenere, anche nella necessaria riorganizzazione, una realtà diffusa di presidi sanitari qualificati, sia territoriali che ospedalieri. Come è possibile pensare di poter difendere meglio e rafforzare il nostro sistema di servizi sanitari in una condizione di gran lunga peggiore di quella attuale?

2) Imprese e Pubblica Amministrazione: i tempi di pagamento da parte delle Amministrazioni pubbliche laziali nei confronti delle imprese e dei fornitori di servizi sono doppi rispetto a quelli umbri, con gli effetti negativi per il tessuto economico e l’occupazione che, dentro la crisi generale che ancora attraversiamo, chiunque può toccare con mano e comprendere. Ne sa qualcosa anche la nostra azienda regionale di trasporto (Umbria Mobilità) che vanta ben 40 milioni di euro di crediti non riscossi per servizi forniti al Comune di Roma. E’ così che tuteliamo gli interessi delle nostre imprese e del nostro lavoro, e diamo un contributo alla ripresa economica?

3) Rifiuti: trovo veramente paradossale ambire a far parte di un sistema come quello romano e laziale, alle prese con gravi e drammatici problemi di gestione e ambientali, con la presenza di megadiscariche come Malagrotta in via di esaurimento e sotto minaccia di pesanti sanzioni economiche europee per infrazione, a fronte di percentuali di raccolta differenziata di gran lunga inferiori alle medie nazionale e umbra. In quanto all’incenerimento dei rifiuti poi dovrebbe essere noto che il Piano regionale non è ancora stato adottato dalla nostra ATI4, e che l’orientamento a tutt’oggi emerso da parte da parte del coordinamento dei Sindaci è quello di NON prevedere l’utilizzo dell’incenerimento nel nostro territorio. Insomma: più discariche, meno differenziata: è questo il modello verso il quale dovremmo andare?

4) Università: è di pochi giorni fa la graduatoria sulla qualità degli studi, dell’organizzazione e della capacità di fare ricerca da parte degli Atenei italiani (dalla quale dipende sempre più la possibilità di reperire risorse, di interagire utilmente con il tessuto economico e di attrarre saperi e intelligenze). Ebbene , sia la ‘Sapienza’ che ‘Tor Vergata’ risultano decisamente al di sotto dell’Ateneo umbro. Qualcuno pensa seriamente che c’è un futuro di crescita del Polo Didattico-Scientifico ternano fuori da una prospettiva di qualificazione ulteriore degli ambiti di alta formazione e ricerca avanzata già sperimentati, o che questa prospettiva sia più facilmente perseguibile all’interno di un sistema universitario che viene definito meno qualificato e che, a causa della riduzione del fondo nazionale e dei nuovi criteri della ‘riforma Gelmini’, è già stato costretto alla chiusura di sedi periferiche?

Insomma, mi sembra in conclusione che ci siano argomentazioni più che sufficienti per mettere in guardia quei nostri concittadini che fossero in buona fede attratti da ‘pifferai magici’ che, con boutades demagogiche e superficiali e dall’effetto masochistico, indicano scorciatoie controproducenti che, come nella favola, conducono immancabilmente verso rovinosi precipizi”.

Intanto continua il nostro sondaggio tra i nostri lettori:
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