Quella maledetta notte del 13 marzo in cui David Raggi è stato ucciso in piazza dell’Olmo, Amine Aassoul non doveva trovarsi in Italia. O doveva al massimo essere in carcere, a scontare anni di reclusione cumulati per diverse condanne. Lo ha spiegato oggi l’avvocato Massimo Proietti, legale della famiglia della giovane vittima. Invece, come sappiamo, “Aziz” era a Terni già da diversi mesi, nelle ultime settimane aveva creato disordini in diversi locali e alla fine ha ucciso, senza motivo, il 27enne ternano.
Proietti ha spiegato che al momento dell’omicidio Aassoul “non aveva tecnicamente più alcun titolo per rimanere in Italia”. Il legale lo afferma alla luce della documentazione richiesta e ottenuta dal tribunale di Caltanissetta, competente a decidere sul ricorso presentato da Aassoul contro il rigetto della richiesta di riconoscimento di asilo politico. In un documento datato 27 novembre 2014 emerge infatti che il tribunale, in attesa di dare un giudizio nel merito, aveva respinto la richiesta di sospensione del provvedimento di rigetto emesso dalla commissione territoriale di Siracusa il 15 settembre scorso. In altre parole, in attesa della decisione del tribunale, Aziz dove essere rimpatriato. E la prossima udienza per valutare nel merito il ricorso è prevista per il 21 aprile prossimo.
“Le carte – ha detto ancora l’avvocato – confermano quello che abbiamo sempre sostenuto. Il provvedimento di rigetto della commissione non poteva essere automaticamente sospeso con un semplice ricorso, alla luce di alcune eccezioni previste dalla legge”.
Dalla documentazione raccolta negli ultimi giorni dall’avvocato Proietti emerge intanto che il 16 gennaio 2014 il tribunale di Fermo aveva emesso un provvedimento di cumulo di pena nei confronti di Aassoul di due anni e quattro mesi, che non è stato mai eseguito. Nel frattempo, intanto, il cumulo definitivo è salito a sei anni e otto mesi, fatto che “ora scongiurerà – dice il legale – ogni eventuale pericolo di sostituzione della misura in carcere relativa al procedimento per omicidio, e quindi il rischio di fuga del marocchino”. Resta però il fatto che Aziz, nonostante fosse stato condannato a quasi 7 anni di reclusione, non è mai finito in carcere ed ha così potuto commettere un omicidio.
Secondo il legale, “è innegabile che ci siano gravi disfunzioni, in quanto è mancato un coordinamento nel sistema. Al momento dell’omicidio Aassoul doveva essere o in galera o espulso. Le normative esistono, il problema è farle funzionare”. Quanto alla famiglia Raggi, conclude Proietti, “prendono atto di questa situazione sconcertante con la stessa incredibile compostezza che li ha contraddistinti in queste settimane”.