Terni, omicidio Raggi, il fratello: ”David non diventi simbolo anti-immigrazione, mai razzismo in casa nostra”

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David-Raggi“Il razzismo in casa nostra non è mai entrato e non entrerà mai”. Inizia così l’intervista che Diego Raggi, il fratello di David, barbaramente ucciso giovedì notte nel centro di Terni, ha rilasciato a Repubblica.

Certo, non manca rabbia se si pensa alla storia dell’assassino, Amine Aassoul, espulso nel 2008 dall’Italia dopo aver compiuto molti crimini nelle Marche, rientrato sbarcando a Lampedusa e rimasto chiedendo asilo politico e appellandosi contro il respingimento della sua domanda. Dice Diego: “Fa tanta rabbia, tanta. Perché quell’uomo non avrebbe dovuto stare qui. Già era stato cacciato, perché gli hanno permesso di rientrare? Non avrebbe dovuto essere in piazza due giorni fa per uccidere mio fratello. Mi hanno anche detto che erano mesi che non si faceva trovare dalla polizia. Ma come è possibile? A me capita spesso di essere fermato dalle forze dell’ordine alla sera quando rientro a casa. È una cosa sacrosanta, per carità. Ma perché quest’uomo non era stato controllato? Perché era ancora qui, nonostante avesse precedenti penali? Nonostante fosse stato espulso?”.

Però Diego Raggi rifiuta che la morte del fratello possa diventare un simbolo per anti-immigrazione. A proposito delle parole del leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che ha annunciato di voler denunciare Renzi e Alfano, afferma: “A me gli estremismi non sono mai piaciuti, né da un lato né dall’altro. E non voglio che la vicenda di David venga strumentalizzata. Non voglio che mio fratello diventi il simbolo della lotta all’immigrato. Lui non lo avrebbe mai permesso: faceva persino volontariato al 118. Era una persona buona con tutti, non accetterebbe che la sua morte servisse a far partire una campagna di odio contro gli stranieri”.

Quello che la famiglia vuole è giustizia per David: “Vorrei che l’uomo che ha ucciso mio fratello senza un motivo paghi. Che passi il resto della sua vita in galera, che non abbia i domiciliari tra dieci anni. Ecco, questo vorrei. E non perché è straniero, ma perché ha sbagliato. E chi sbaglia deve pagare”. Per quanto riguarda la madre di Amine Aassoul, da tempo residente a Terni, Diego dice: “Mi hanno detto che forse si è trasferita. Ma se vuole chiamare, io sono qui e sarò felice di incontrarla: è suo figlio che ha ucciso mio fratello, non lei. Non c’è nulla di cui lei si debba scusare. Ieri è venuta a casa una delegazione di marocchini che vivono in città. Sono stati gentilissimi, ci hanno fatto le condoglianze. Erano molto dispiaciuti, si vergognavano”.

E poi Diego ribadisce: “Detesto anche solo l’idea che l’omicidio di David diventi il pretesto per prendersela con gli stranieri. Non voglio che ora si crocefiggano i marocchini, non sarebbe giusto. Perché allora noi dovremmo crocefiggere anche gli italiani che uccidono le mogli. In casa nostra il razzismo non è mai entrato e non entrerà mai. Se poi quello che ci è successo servisse a capire come prevenire cose del genere, come controllare chi entra nel nostro Paese, beh, allora forse mio fratello non sarebbe morto invano”.

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