L’ex vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, è indagato per associazione a delinquere in un’inchiesta della Procura ternana in cui sono formulate anche accuse di turbata libertà degli incanti, truffa ai danni del Comune di Narni, abusivo esercizio del credito e appropriazione indebita. Le accuse riguardano la compravendita del castello di San Girolamo per la quale il 17 luglio 2013 erano state arrestate 3 persone (due dipendenti della Diocesi di Terni e un tecnico del Comune di Narni).
Le presunte irregolarità sulla compravendita del Castello di San Girolamo si inseriscono in un quadro più ampio che aveva portato la Diocesi di Terni ad un buco di circa 20 milioni di euro. Per mesi si erano rincorse le voci sulla possibilità che Paglia fosse indagato ma l’amministratore apostolico Ernesto Vecchi, inviato a Terni per cercare di ripianare i conti, l’aveva negato. Lo stesso Paglia aveva sostenuto di aver agito regolarmente. Oggi, con la chiusura delle indagini, per il prelato è arrivata la doccia fredda.
Insieme all’ex vescovo di Terni – oggi in Vaticano nel ruolo di presidente del Pontificio consiglio per la famiglia – risultano indagati il vicario episcopale della diocesi Francesco De Santis, oltre al presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, Giampaolo Cianchetta ed altre 7 persone. Le indagini sono coordinate dal pm Elisabetta Massini e sono state svolte dal nucleo valutario della guardia di finanza e dalla questura di Terni.
COMPRAVENDITA CASTELLO Secondo gli inquirenti, l’associazione a delinquere – di cui farebbero parte complessivamente 10 persone – avrebbe avuto lo scopo di pervenire alla compravendita del castello formalmente da parte di una immobiliare ma in realtà operata con l’utilizzo indebito di denaro della diocesi. Secondo l’accusa infatti, per la compravendita dell’immobile, sono stati utilizzati due conti correnti della Diocesi che erano nella disponibilità di Luca Galletti e Paolo Zappelli (che erano stati arrestati a luglio 2013) i quali avrebbero poi effettivamente beneficiato dell’operazione immobiliare. Sempre secondo l’inchiesta, l’allora sindaco di Narni, Stefano Bigaroni, comunicò a monsignor Paglia l’intenzione del Comune di vendere il castello prima ancora della pubblicazione dell’elenco delle aree del Comune di Narni poste in vendita, prevedendo nel bando di gara un prezzo di 1.760.000 euro, somma molto inferiore al valore reale di 5.638.040 euro. L’accusa contesta poi il fatto che ad aggiudicarsi il castello sia stata una società diversa dalla vera vincitrice e che per giunta non aveva nemmeno i requisiti per partecipare alla gara.
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