Terni, polo universitario a rischio: “Mancano i soldi per gli stipendi”

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aula universitàIl Polo Universitario ternano è a rischio. Lo grida  a gran voce l’associazione Per Terni città universitaria. Mancano i soldi per pagare i docenti dei tre corsi (Economia, Ingegneria, Scienze dell’investigazione, circa 520 mila euro totali) e il rischio è che gli studenti si vedano costretti ad andare a Perugia.

Attilio Luccioli, portavoce dell’associazione non ci va leggero: “L’università a Terni sta vivendo un momento drammatico. Lo diciamo da mesi, circondati da un fragoroso silenzio – dice – a spaccatura tra la politica e il polo universitario ormai è netta. Giunti a questo punto giudichiamo ormai improcrastinabile l’intervento urgente della presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, titolare della delega all’università”.

A gravare ulteriormente sulla questione, anche il calo di iscritti: “Se nell’anno accademico 2009/2010 erano 3178 in totale, oggi sono 2172- dice Luccioli – Solo rispetto allo scorso anno, si è registrato un crollo del 17%, frutto anche della situazione di estrema incertezza che si vive in questo momento”. Sotto accusa la presidente Marini, chiusa “in un assordante silenzio”, anche in relazione all’atto d’indirizzo, deliberato a gennaio dalla giunta comunale di Terni, in cui si impegnavano giunta e sindaco a creare una fondazione per il polo universitario entro il 31 maggio 2016, non ha ancora prodotto risultati. La questione era stata sollevata dall’Unione Civica tempo fa.

Alla città, se i tre corsi dovessero chiudere rimarrebbe soltanto Medicina e Chirurgia, ma anche qui non ci sono certezze: “Se, infatti, in Umbria si costituisse un’unica Azienda universitaria ospedaliera tutti gli studenti iscritti al corso potrebbero essere costretti a trasferirsi a Perugia per seguire le lezioni e per sostenere gli esami. Oppure, in alternativa, abbandonare il corso”, dice Luccioli, sottolineando come “il quadro negativo che si prospetta per l’università a Terni, diventa ancor più drammatico se si guarda a una riorganizzazione territoriale nazionale. Con l’ipotetica istituzione delle macroregioni cosa succederà all’università? Potrebbe essere concentrata in un unico sito?”.

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